Anahàta-nàda

“Il Dio la cui essenza è il suono della campana, ghantanadatmanBrahmayàmalatantra (21-92)

La vibrazione del corpo risentita come sensazione e il suo riassorbimento nel silenzio sono l’essenza della tecnica Kashmira.

L’energia pura si traspone attraverso lo stampo del sentire. La vibrazione come sonorità è un’altra trasposizione, che si incarna in numerosi momenti durante la pratica.

Percepito nei primi tempi come un oggetto sonoro, questa forma vibratoria, lasciata libera in un ascolto non implicato, passerà attraverso un certo numero di trasformazioni, che andranno a culminare in Krama-mudrà : riassorbimento dei principi nella coscienza, per lasciarli emergere nuovamente, non più come oggetti, ma identici al soggetto.

A volte, dopo una pratica, la sonorità energetica sarà talmente forte che renderà impercettibile i rumori dell’ambiente.

Indipendentemente da questi momenti di pratica intensi è possibile, che in certi casi, questa energia sonora cada come una cappa di silenzio durante una conversazione o con una televisone in attività.

Creando così la passività psicologica di un vegetale e lasciando una apparenza umana minimale in base alle codificazioni della convivialità mondana, questa vibrazione, questo ruggito silenzioso sarà oggetto di contemplazione. Affrontato senza un qualsiasi dinamismo che sia, si riassorbirà presto o tardi nel cuore.

E’ interessante menzionare che Dara Shukul fà risalire l’origine di questi esercizii al profeta lui stesso, che secondo lui li avrebbe praticati regolarmente. Quando si conosce la prossimità del sufismo con lo yoga dei natha e l’importanza che quest’ultimi danno al suono non battuto, questo non sorprenderà affatto.

E’ bene comprendere che tutto quello che è percepito sensorialmente è una trasposizione di una energia pura attraverso le nostre griglie cerebrali. Fino a quando c’è una percezione tattile, auditiva o altro, c’è attività mentale.

Le percezioni visive delle diverse variazioni dello spettro luminoso dell’energia è ugualmente attività celebrale, come lo sono le percezioni olfattive e gustative di queste stesse energie.

La tradizione kashmira mette specificamente l’accento sul riassorbimento di tutti questi elementi percettibili nella coscienza. Tutta la sua tecnicità tende all’integrazione sempre più chiara di questa attitudine di un ascolto non implicato, nella quale la percezione può dispiegarsi al fine di morire meglio.

Le tecniche sono li per bruciare in noi l’anticipazione, il dinamismo che, mettendo l’accento sulla percezione, impedisce di riassorbirsi nella tranquillità.

Anche i movimenti del corpo sottile, solitamente fraintesi, potrebbero apparire come una forma di anticipazione. Questi cancellano i nostri schemi mentali, le nostre memorie, che ci impediscono di ritrovarci liberi nei confronti della vita.

Questo decondizionamento porta la morte della sensibilità affettiva, della difesa della persona e lascia un cuore senza fardelli ne rimpianti o domande.

Libero da qualsiasi speranza, che non è mai sconforto, in questa Coscienza senza pensiero, l’amore è la morte di ogni istante. Questo amore senza futuro, questo convito della vita è quello a cui ci esorta la tradizione kashmira.

Eric Baret

“Corps de Vibration”