Il sentito profondo è laddove culminano i sensi. L’occhio vede, la pelle sente, l’orecchio intende, le narici odorano, ecc.
Tutto questo è sormontato da ciò che si chiama il sentito profondo. Posso perdere la vista, non vedo più, ma sento profondamente; posso avere la pelle bruciata, non sento più, ma sento profondamente; posso strapparmi la lingua, non gusto più, ma sento profondamente, ecc.
E’ un senso inerente al corpo che non può essere toccato dagli avvenimenti che invece toccano i cinque sensi.
Questo sentito profondo globale è l’apertura verso la sensazione dell’energia. Questo sentito profondo ci fa osservare la pesantezza, la gravità, che in seguito ci fa sentire la leggerezza, l’espansione del corpo, la quale si trasforma in vibrazione dell’energia.
E’ la porta diretta alla tranquillità. La specificità è di passare attraverso il corpo, che rivela e scopre questa energia senza essere un mezzo. Non si cerca di manipolare l’energia come nello yoga classico. Non si cerca di risvegliare alcunché, ma si lascia che il corpo ritorni al suo stato naturale di energia. E’ un lavoro totalmente passivo.
Si lascia sprofondare il corpo. Gli strati più opachi, oscuri, pesanti, si dissolvono negli strati più sottili, che ad un certo punto diventano energia. Si ritrova nel Vijnanabhairava Tantra questa disidentificazione del corpo che diventa vuoto. Si chiede di visualizzare il corpo come un corpo vuoto, come un corpo di vetro vuoto all’interno.
Si sente profondamente questo corpo vuoto, ed esso diventerà energia, vibrazione. Entriamo qui nel campo interno dello sivaismo del Kashmir.
Questa vibrazione è lasciata libera, essa stessa passa attraverso un certo numero di trasformazioni. Tutto ciò che appare scompare. A quel punto il soggetto che ha osservato la vibrazione, dissolvendosi l’oggetto-vibrazione, si dissolve anch’esso. Quano non vi sono più né oggetto né soggetto, c’è una presenza, che è il cuore della tradizione.
Eric Baret
“250 questions sur le yoga