L’accento è messo anzitutto sulla sensazione. Non si può mettere l’accento sulla Coscienza perché la Coscienza è una esperienza non oggettiva.
L’accento è messo sull’oggetto, sul corpo. Senza relazione psicologica con questo oggetto-corpo, lo si lascia libero da intenzione.
Questo oggetto passerà attraverso un certo numero di trasformazioni, dal più grossolano verso il più sottile, vale a dire dalla pesantezza, dallo spessore verso la distensione, l’elasticità, l’energia, la vibrazione. Si lascia dunque che questo oggetto-corpo si dispieghi, che abbandoni la sua corporeità, divenga energia, vibrazione (spandana) della Coscienza (samvida) e che anche abbandoni la sua struttura energetica per diventare silenzio.
La sensazione del corpo si riassorbirà nell’ascolto. Quando il corpo si riassorbe, il soggetto che osserva il corpo si riassorbe ugualmente, poiché non esiste un soggetto senza oggetto. Senza soggetto ne oggetto c’é puro ascolto.
L’accento è messo sul corpo per lasciare che si elimini. L’accento non è messo sul corpo come nello yoga classico, dove c’è un’intenzione, una volontà di padroneggiare e dove si spera qualche cosa dal corpo.
Non c’é speranza, si lascia libera la percezione. La percezione sorge dal silenzio e vi si riassorbe.
Solo colui che ha già fatto l’esperienza della pura Coscienza può mettere l’accento direttamente sulla Coscienza.
Finché non c’è questa esperienza diretta, mettere l’accento sulla Coscienza è un immaginario. E cosi l’accento è messo sulla sensazione, ma è un accento che non aspetta niente. Non si interpreta la sensazione, non la si giudica, non la si manipola. La si lascia vivere, e ciò che vive per natura morirà, come un fiore che si apre e poi muore.
In quel momento l’energia si reintegra nella Coscienza.
Eric Baret
“250 questions sur le yoga”